L’azzeramento della libertà di circolazione e soggiorno – Cosa succede ai tempi del COVID-19
31 Marzo 2020Ci sono diritti della persona che eravamo abituati a dare per acquisiti, intoccabili ed intangibili, che solo una situazione di emergenza potrebbe limitare. Ma quanti hanno mai immaginato che la situazione di emergenza si sarebbe potuta verificare? Immagino ben pochi!
Tra questi diritti c’è la libertà di circolazione e soggiorno, in primis affermata all’art. 16 della Costituzione Italiana: “Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche. Ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvo obblighi di legge”.
Avreste mai immaginato che un diritto con una tale valenza sarebbe potuto essere azzerato? Eppure è successo! Siamo ai tempi del Covid-19!
Andiamo a ricostruire con ordine cosa è successo.
Dopo che con Delibera del Consiglio dei Ministri è stato dichiarato lo stato di emergenza, il 31 gennaio 2020, nel nostro ordinamento è stata “vomitata” una serie di provvedimenti normativi che sono andati a limitare diritti fondamentali dell’individuo, per gestire e fronteggiare in modo tempestivo l’emergenza epidemiologica determinata dal COVID-19.
Il primo provvedimento rilevante è stato adottato su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, il 23 febbraio 2020. Trattasi del Decreto Legge 23 febbraio 2020, n. 6 – Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19.[1] Trattasi di un provvedimento resosi necessario per far fronte all’emergenza epidemiologica internazionale determinata da COVID-19; che col passare dei giorni ha visto un notevole incremento dei casi e dei decessi.
Da lì a poche settimane, il 10 marzo è stato adottato il Decreto Legge 9 marzo 2020, n. 14 – Disposizioni urgenti per il potenziamento del Servizio sanitario nazionale in relazione all’emergenza COVID-19[2].
Fin qui, per quanto il sistema che si è andato delineando potesse apparire fortemente limitante nei confronti di diritto costituzionalmente garantiti, che all’improvviso sono stati quasi azzerati, dobbiamo tenere conto del fatto che è stato utilizzato lo strumento del Decreto Legge, che è previsto proprio per far fronte a stati di necessità ed urgenza, e che è comunque garantisce al Parlamento di esercitare un potere di controllo.
Solo che, oltre ai due decreti legge, sono stati adottati ulteriori provvedimenti normativi legittimati dal D.L. n. 6. Quest’ultimo nel dichiarare lo stato di emergenza e definire i poteri di ordinanza di urgenza, ha delimitato l’ambito di operatività dei Dpcm (Decreti del presidente del Consiglio dei Ministri) e delle ordinanze adottate ai sensi dell’art. 3 del medesimo decreto, aprendo così la via a quella che è stata definita la “cascata delle fonti”.[3] Nello specifico l’art. 3 dichiara che “Le misure di cui agli articoli 1 e 2 sono adottate, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute, sentito il Ministro dell’interno, il Ministro della difesa, il Ministro dell’economia e delle finanze e gli altri Ministri competenti per materia, nonché’ i Presidenti delle regioni competenti, nel caso in cui riguardino esclusivamente una sola regione o alcune specifiche regioni, ovvero il Presidente della Conferenza dei presidenti delle regioni, nel caso in cui riguardino il territorio nazionale”.
Sostanzialmente si è consentito ai Dpcm di estendere il numero dei soggetti titolari di potere emergenziale di intervento, oltre che gli strumenti normativi utilizzabili: tutti i provvedimenti di urgenza che chiunque ha il potere di utilizzare. Ciò significa che norme esterne alla Costituzione possono andare a limitare tutti i diritti fondamentali dell’individuo, compresa la libertà di circolazione e soggiorno.
Così ben presto tutta una serie di norme restrittive è andata ad incidere su diritti e libertà fondamentali ed è stata quasi eliminata ogni possibilità di spostamento, anche all’interno dei comuni dove si risiede o si è domiciliati. Quei pochi spostamenti che restano autorizzati devono essere accompagnati dalla compilazione di un apposito modulo, nel quale l’interessato autocertifica di non essere in condizione di quarantena né di risultare positivo al Coronavirus, e di essere quindi esonerato dagli obblighi di assoluto divieto di mobilità; di essere a conoscenza delle limitazioni vigenti; il punto di partenza ed il punto di arrivo dello spostamento; ed infine le motivazioni sottese allo stesso.
Si deve però tener presente che trattasi di provvedimenti che hanno una validità giuridica ed una durata che non va oltre la cessazione dello stato di emergenza, e che resta limitata ai provvedimenti legittimati dal D.L. n. 6/2020.
Con il passare delle settimane si è delineato un sistema fondato su un groviglio di norme, nel quale convivono provvedimenti ad efficacia nazionale: Decreti Legge, Dpcm, e provvedimenti ad efficacia territoriale limitata, tutti che vanno ad incidere su diritti fondamentali dell’individuo – ricordiamo sempre – riconosciuti e tutelati a livello costituzionale, e posti “al di sopra di tutto”. In questo scenario vengono fuori problemi di rapporto fra le fonti dell’ordinamento, e soprattutto di tutela e compressione dei diritti fondamentali dei cittadini – quindi anche della libertà di circolazione e di soggiorno – che possono essere limitati da norme che non hanno rango costituzionale.
Per questo è fondamentale che chiunque risulti legittimato e vada ad adottare un atto limitativo tenga in debita considerazione la necessità di garantire l’interesse pubblico secondo quanto previsto dalla legge, ed eviti un’ingiustificata ingerenza nelle libertà fondamentali. Esse non possono essere assolutamente compresse senza l’esistenza di un obiettivo condiviso e connesso all’emergenza.
Pochi giorni fa il quadro si è arricchito di un nuovo Decreto Legge, il D.L. 25 marzo 2020, n. 19 – Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n.79 del 25-3-2020, entrato in vigore il 26 marzo.[4] Questo documento, dopo aver premesso che è lo stesso art. 16 della Costituzione a garantire la possibilità di introdurre limitazioni della libertà di circolazione per ragioni sanitarie; prendendo atto del carattere particolarmente diffusivo dell’epidemia e dell’incremento dei casi e dei decessi riconosciuti dall’OMS, riconosce la possibilità di adottare misure valide su tutto il territorio nazionale o su specifiche parti dello stesso, per periodi predeterminati, ciascuno di durata non superiore a trenta giorni, reiterabili e modificabili anche più volte fino al 31 luglio 2020, termine dello stato di emergenza dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020.
Tra queste misure il decreto autorizza quelle che vanno a limitare la circolazione delle persone, che possono incidere anche sulla possibilità di allontanarsi dalla propria residenza, domicilio o dimora. Gli unici spostamenti individuali che restano garantiti sono quelli limitati nel tempo e nello spazio, quelli determinati da motivate esigenze lavorative, da situazioni di necessità o urgenza, da motivi di salute o da altre specifiche ragioni.
In sintesi, le misure degli ultimi mesi hanno quasi azzerato la libertà di circolazione e soggiorno, per un interesse superiore, ma non possiamo non chiederci se è legittimo il modo in cui la compressione dei diritti avviene ogni volta, soprattutto quando provvedimenti a carattere locale vanno ad intervenire, ed a creare livelli differenziati di compressione di diritti di rango costituzionale.
Dott.ssa Luana Fierro
Dottore di ricerca in diritto pubblico dell’economia e dell’ambiente
[1] DECRETO-LEGGE 23 febbraio 2020, n. 6, GU n.45 del 23-2-2020.
[2] DECRETO-LEGGE 9 marzo 2020, n. 14, GU n.62 del 9-3-2020.
[3] F. Pizzetti, A rischio le libertà dei cittadini, urgente un intervento giuridico, in Agenda Digitale, https://www.agendadigitale.eu/sicurezza/privacy/pizzetti-a-rischio-le-liberta-dei-cittadini-urgente-un-intervento-giuridico/ [23 mar. 2020].
[4] D.L. 25 marzo 2020 n. 19, GU Serie Generale n.79 del 25-03-2020.
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